«Un piede nel passato ed un passo verso il futuro». Questa immagine, lanciata da Francesco Liantonio, vicepresidente di Federdoc, presidente Consorzio Castel del Monte doc e di ValoreItalia, alla fine del convegno “L’identità del Gaglioppo: vitigno, territorio e uomini” è di sicuro quella che meglio descrive la sintesi della giornata vissuta ieri a Cirò presso Borgo Saverona.

Una giornata per approfondire la conoscenza del Gaglioppo alla presenza di uno dei suoi produttori più rappresentativi,Nicodemo Librandi, l’identità dei vini territoriali e lo scambio tra le produzioni regionali con una degustazione che ha messo a confronto sei vini regionali ed un parterre di grandi operatori e giornalisti del settore.

Al mattino la batteria composta da Duca San Felice Riserva 2012 di Librandi, il Nebbiolo – Barolo Serralunga D’Alba 2010 di Fontanafredda, L’Aglianico del Vulture L’Atto 2013 delle Cantina del Notaio, il Sangiovese Chianti Nipossano Riserva 2009 di Frescobaldi, il Nero D’Avola 2012 di Principi di Buttera e Sine Nomine Salice Salentino Riserva 2011 di Torrevento è stata l’occasione per riflettere attorno alla identità del vino e quello che gira attorno al bicchiere che gli confluisce spessore e fascino.

A curare il coordinamento della intera giornata la giornalistaClementina Palese che fin dal mattino ha moderato gli interventi di Diego Tomasi, del Crea di Conegliano,Francesco Porti, presidente dell’associazione viticoltori di Cirò, Giacomo Mojoli, giornalista, Gelasio Gaetani d’Aragona Lovatelli, scrittore, giornalista e consulente di marketing e comunicazione, e Cesare Pillon, decano dei giornalisti enogastronomici, e della platea che ha indaga e rilancia le sottolineature degli illustri ospiti.

«La grande sfida di oggi è raccontare quello che c’è attorno al bicchiere – ha sottolineato Mojoli – partendo da pre requisito che i vini siano buoni. I vini devono avere identità altrimenti il gioco non funziona». Quando un vino si costruisce un’identità «si apre un grande scenario che è quello dello scambio». Un progetto, un’idea, un brand hanno un futuro solo se hanno una visione e una storia vera da raccontare, se intercettano i valori e le aspirazioni di un luogo, di una comunità e del mercato reale. Le produzioni vitivinicole in degustazione si raccontano attraverso il carattere dei territori dai quali provengono. E così l’identità di un vino si immedesima con il territorio dal quale proviene e ne costituisce il volano di sviluppo.  «Quello di Librandi – ha aggiunto Mojoli – è un laboratorio che ha già generato delle alchimie e va analizzato come spunto per generare altre alchimie».

Vini molto diversi tra loro quelli in degustazione ma uguali perché forti della loro identità proveniente i da vitigni autoctoni che esprimono il terroir dove l’uomo trasforma l’uva da sempre ha sottolineato proprio Clementina Palese. Il gaglioppo del cirotano non fa eccezione ma seppure i vini abbiano questa forte identità bisogna sposarla e condividerla sui territori dove ci sono diversi laboratori con persone e personalità che lavorano, sperimentano, aprendosi alla costruzione di una rete che metta in relazione tutte le competenze che operano e vivono su un territorio. Questa la sottolineatura venuta fuori da tutti gli interventi del convegno svolto nel pomeriggio nella bellissima location di Borgo Saverona, all’interno del quale si è anche presentato il libro “I vignaioli del Cirò voci e volti di una storia” edito da Rubettino e scritto da Virgilio Squillace, voluto per raccontare «nel presente» una storia «della quale speriamo che i nostri figli potranno innamorarsi» – ha commentato Francesco Porti, presidente dell’associazione di viticoltori locali – e continuare questo mestiere per far diventare «grande il Cirò».

In sala tante autorità politiche e militari, ad iniziare dal PrefettoDe Vivo, il quale ha salutato con entusiasmo l’iniziativa. «La Calabria ha bisogno di queste economie per raccontare la sua parte migliore» ha riferito nel suo saluto alla platea di produttori, alla presenza del Sindaco di Cirò e dei politiciNicodemo Oliverio, Dorina Bianchi della commissione agricoltura, Franco Laratta di Ismea.

«Ciò che conta per realizzare vini autoctoni e che i vitigni siano in simbiosi con il territorio» ha riferito il giornalista Cesare Pillon sottolineando come nella Calabria «culla della viticoltura ora siamo alla svolta» con una associazione nata per «accrescere la qualità» delle produzioni e la «moderna imprenditorialità». Di identità fuori e dentro il bicchiere ha parlato anche Diego Tomasi, del Crea – Vit centro di ricerca per la viticoltura di Conegliano, il quale ha ribadito il concetto di terroir e paesaggio dove si deve realizzare «una forte alleanza tra turismo e viticoltura», dove la «collettività deve saper usare e sposare ciò che natura mette a disposizione» e Gelasio Gaetani d’Aragona Lovatelli, scrittore, giornalista e consulente di marketing e comunicazione, il quale si è detto «emozionato» per quanto visto sui terreni di Librandi e del Cirò con il lavoro di ricerca fatto per definire cloni, genomi e porta innesti che neppure in Toscana è stato mai fatto per i vitigni più rappresentativi. «La Calabria ha tutti i requisiti per far sognare e dove si può essere pellegrini del vino» sostenendo i produttori ed il territorio con una forte azione di marketing. Rosario Branda, presidente di Confindustria Cosenza, ha dato sintesi al «territorio come risorsa» alla «tipicità come carattere descrittivo» ed alla «tradizione» come essenza di qualcosa che è «cosi radicato nel territorio da essere diventato cultura». Per questo serve un «progetto territoriale che tenga insieme tutti gli attori del territorio».

A sottolineare la necessità di fare rete, dimenticando gli errori e le frizioni del passato, è stato Francesco Liantonio che ha ricordato come «le vostre viti sono presenti nel paesaggio italiano da sempre». Qui la forza sta nella unione tra «territorio, prodotto e uomo» che ora va messa a sistema per fare del Cirò il «Vino ambasciatore della vostra storia, cultura e tradizione». Il saluto finale è toccato a Nicodemo Librandi il quale ha rimarcato che occasioni di confronto come quella di ieri servono per far diventare il Cirò «il vino importante che conquisti i mercati internazionali». Un sogno che «si può realizzare con il sostegno di tutti». Anche il Consorzio ora ha bisogno di una vita nuova. «Ripartiamo da oggi» ha concluso Liantonio perché ci sono tutti i presupposti «per superare il gap del passato».

Vincenzo Alvaro

le foto dell’evento http://on.fb.me/1Kzjeoc

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