“Il Moscato Passito di Saracena deve avere la denominazione di origine controllata (DOC) perché è una eccellenza vera, perché se lo merita e perché rappresenta una gemma preziosa della tradizione enologica. Il suo sistema di produzione è più vecchio di quello della coltivazione dei pomodori in Italia e della pizza napoletana che da poco ha ottenuto un importante riconoscimento di tutela comunitaria. Ma la pizza ha meno di 2 secoli, il sistema di produzione del Moscato Passito di Saracena è invece coevo alla scoperta dell’America e, da allora, è rimasto come era. Una rarità da tutelare. Altrimenti è inutile parlare di eccellenze!
E’ quanto ha dichiarato il Direttore di Gambero Rosso, Prof. Daniele CERNILLI, intervenendo alla conferenza stampa a sostegno della Doc per il Moscato Passito di Saracena, organizzata dall’Amministrazione Comunale guidata da Mario Albino GAGLIARDI, presso la sede della delegazione romana della Regione Calabria, in Piazza Campitelli, nel cuore del centro storico della Capitale. Tra gli ospiti e sostenitori dell’iniziativa, anche dunque l’Assessore Regionale al Turismo On.Damiano GUAGLIARDI e Paolo BENVENUTI Direttore dell’Associazione Nazionale “Città del Vino” della quale Saracena fa parte. In una gremita sala riunioni, tra numerosi giornalisti ed esperti del settore, anche una delegazione di produttori del celebre Moscato Passito, guidati dal Presidente dell’associazione che li riunisce, Luigi VIOLA.

Non è soltanto l’elevato livello qualitativo – ha detto CERNILLI– che permette al Moscato Passito di Saracena di essere considerato una eccellenza. Ma è la grande tradizione che sta dietro alla produzione di questo speciale moscato il cui sistema è più vecchio del metodo di coltivazione dei pomodori in Italia ed è coevo alla scoperta dell’America. Va bene – ha continuato il Direttore di Gambero Rosso – la soddisfazione espressa dalMinistro ZAIA per il recente riconoscimento per la pizza napoletana il cui metodo di preparazione ha tuttavia circa 2 secoli. Ma il Moscato di Saracena, anzi il metodo di bollitura della guarnaccia, ne vanta ben 5 di secoli! E sarebbe questo l’ostacolo per la Doc? Esistono già diverse deroghe – ha aggiunto CERNLLI, citandone alcune prestigiose. Per il Moscato Passito di Saracena ci vuole un atto di coraggio da parte della commissione tecnica per la valutazione della Doc. Siamo, infatti, di fronte ad un vino che è rimasto così come era 500 anni fa e che, proprio per il suo metodo di vinificazione e per la sua tradizionale bollitura, è l’unico vino dolce al mondo che può fare a meno dell’aggiunta di anidride solforosa. E’ questo sarebbe l’impedimento tecnico per il riconoscimento della Doc? Una valutazione strettamente tecnicistica negativa – ha aggiunto – sarebbe davvero un autogol di fronte ad un autentico bene culturale rispetto al quale non bisogna assolutamente chinare la testa, in ossequio a normative comunitarie che, sul punto, sono palesemente ingiustificabili. Occorre semmai manifestare – ha concluso  il Prof. CERNILLI– un atto di coraggio e di orgoglio. – E di Moscato Passito di Saracena come bene culturale della Calabria ha parlato anche l’Assessore GUAGLIARDI esprimendo tutta la sua personale soddisfazione per l’iniziativa promossa dal SindacoGAGLIARDIe sottolineando il forte valore di attrattore turistico, per il territorio e per la Calabria intera, di un prodotto d’eccellenza come il Moscato di Saracena. GUAGLIARDI ha quindi proposto, nell’ambito dell’iter in corso per il riconoscimento della Doc, una presa di posizione della stessa Giunta Regionale che – ha precisato – potrebbe essere chiamata a sancire, in un disegno di legge ad hoc, la qualificazione ufficiale di bene culturale regionale per il celebre vino dolce prodotto sul Pollino. – Per Paolo BENVENUTI, il Moscato Passito di Saracena è un caso raro, quello cioè di un vino che prima diventa eccellenza e poi ottiene il riconoscimento. Un caso virtuoso – ha aggiunto – rispetto al quale non dovrebbero essere sollevati rilievi degni di nota, in presenza di un disciplinare preciso chiaro e senza alcun sotterfugio. Un bene ed un valore, dalle mille implicazioni collaterali e turistiche in specie –ha concluso BENVENUTI – da tutelare e difendere, a partire dalla meritatissima denominazione di origine controllata.

 

 

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