di Alessandra Molinaro*

In occasione dei 50 anni della DOC Cirò, lunedì 8 Aprile durante la fiera internazionale Vinitaly si è tenuta la più profonda degustazione di Gaglioppo della storia. Un’occasione fortemente voluta dal Consorzio di Tutela guidato da Raffaele Librandi, organizzato da Giovanni Gagliardi e sapientemente guidata da Walter Speller, referente per l’Italia di JancisRobinson.com. Con loro anche Gennaro Convertini, Presidente dell’Enoteca Regionale Calabria.

La Doc nasce nel 1969, con certezza una delle più antiche d’Italia, ma la storia del Cirò risale all’800 a.C. proprio quando i Greci approdano sulle coste cirotane. Rimangono così colpiti dalla fertilità di questa terra che decidono di chiamarla Enotria, ovvero terra di vino e di vite. Il vino prodotto a quei tempi divenne, così, il vino ufficiale delle Olimpiadi offerto in dono ai vincitori della competizione. “Il primo caso di sponsorship tra vino e sport della storia”, ricorda Speller durante l’incontro.

Oggi sono rimasti 415 ettari a testimonianza di una storia così importante: un territorio, quello di Cirò, fra mare e appenino di cui la vigna ne è regina. Non a caso il primo risultato su GoogleMaps è proprio l’immagine di uno dei tanti filari che percorrono la zona. D’altronde poche cose sanno raccontare un territorio come il vino e nessun altro vitigno, in Calabria, è in grado di esprimerlo più del Gaglioppo: di forte personalità, maturo, ma austero, in grado di dar voce al paesaggio con tracce terrose, profumi erbacei e suggestioni marine, senza mai perdere l’acidità.

Un carattere identitario ben delineato che per qualche anno è stato dimenticato e poco valorizzato.

La modifica del disciplinare della DOC nel 2010, con cui si è introdotta la possibilità di aggiungere una percentuale di vitigni internazionali, ne è la dimostrazione.

In quegli anni si cercava di seguire una strada già battuta, ignorando che le scorciatoie non sempre restituiscono qualcosa in termini d’identità. Per fortuna negli stessi anni alcuni vigneron hanno deciso di continuare a produrre in purezza, rispettando la naturale vocazione del vitigno. Una vera e propria rivoluzione.

Dunque, sette calici in degustazione per ripercorrere l’identità del Cirò e delinearne la storia e la sua evoluzione:

  • Cirò Rosso Classico Riserva 1969, Ippolito 1845
  • Cirò Rosso Classico Superiore Riserva 1973, Caparra & Siciliani
  • Cirò Rosso Classico Superiore Riserva “Duca San Felice”, Librandi
  • Cirò Rosso Classico “Alceo” 1999, Zito
  • Cirò Rosso Classico Superiore Riserva “Arcano” 2007, Senatore Vini
  • Cirò Rosso Classico Superiore Riserva “Più Vite” 2011, Sergio Arcuri
  • Cirò Rosso Classico Superiore 2013, Cataldo Calabretta

Nei primi calici c’è tutta la tradizione, quando ancora non si parlava di vitigni internazionali. Negli ultimi due c’è integrità”, conclude Gennaro Convertini.

Prossimo passo a cui puntare: la Docg.

 

Foto di Gae Saccoccio


*Alessandra Molinaro
Dopo la laurea magistrale in Giurisprudenza presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro. Si appassiona ai temi della enogastronomia e intraprende un percorso formativo nel settore frequentando il corso di Sommelier con FIS.
Si trasferisce a Milano e prosegue gli studi conseguendo un Master breve in Diritto Alimentare e Legislazione Vitivinicola presso Altalex e un Master di I livello in Food & Wine Communication presso IULM. Quest’ultimo determina la sua carriera professionale che inizia con la collaborazione con wine2digital nella gestione dei social media a Vinitaly 2017.
Nello stesso anno si aggiudica un progetto di guerrilla marketing per il MagCafè e lavora come Responsabile eventi e comunicazione presso il ristorante Oste e Cuoco – Filippo La Mantia. A Milano realizza il primo Food & Beverage Communication Lab per Isola food district 2018. In Calabria, invece, dedica particolare attenzione ai vini rosati di Cirò e ne racconta in diverse degustazione. Partecipa all’evento Terra Madre – Salone del Gusto 2018 con un incontro sui rosati calabresi. Oggi collabora attivamente con le Guide del Gambero Rosso e con la Guida Osterie d’Italia di Slow Food.

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